Medice, cura te ipsum
1. Circolazione dell’energia
Come psichiatra, nel corso degli anni, ho praticato diversi tipi di terapie.
Dai tempi della laurea, ormai più di quaranta anni fa, ad oggi, i mie interventi sono stati sempre più rispettosi della natura, hanno cercato sempre di più di uniformarsi al metodo naturale.
Mi sono sempre chiesto quale fosse la natura della salute e della malattia, e come potesse un medico intervenire in maniera naturale.
E quando fosse legittimo impiegare un’operazione artificiale all’interno di un progetto che segue la natura.
La sofferenza e la malattia, vedevo, derivano dalla rottura di una legge, la legge di natura; l’ordine organico dell’individuo è sovvertito, donde il male.
Salute e malattia non sono tuttavia opposti.
Sia sul piano fisico che psichico, talvolta la malattia rinforza la salute.
Infatti, a volte, le malattie sono sintomo di una fase naturale di trasformazione, di morte rinascita, e sono quindi uno stato naturale dell’uomo.
La legge della vita sembra così fatta di opposti, e di equilibrio tra di essi, come indica il simbolo del Tao.
Gli opposti “respirano” dall’uno all’altro, ed ogni polarità circola tra un suo massimo ed un massimo contrario, passando per un centro minimo, un centro di croce, in cui ogni polarità viene riassorbita.
Attraverso la coesistenza degli opposti si realizza tuttavia il processo di crescita ed individuazione, quello che Jung ha chiamato la funzione trascendente.
Bisogna scendere per risalire, passare per l’inferno per ascendere al sommo dei cieli.
Ecco un esempio tratto dalla mia attività clinica: il Sogno del vulcano
Assisto alla eruzione di un vulcano, tranquilla ed operosa.
La lava che fuoriesce dal cratere scende spiralmente, allargandosi ed attorcigliandosi, conformandosi al cono del vulcano, fino a giungere al piano terra.
Qui essa inizia a scavare nella terra una fossa conica, speculare al vulcano stesso, attorcigliandosi e discendendo fino all’apice inferiore.
A questo punto, vedo come la lava inizia a risalire nella terra per un condotto che sbucherà in cima al vulcano, dove diviene direttamente la lava che esce.
Tutto questo è molto armonico e naturale.
Il sogno indica come il ricircolo energetico psichico in questa persona segua una legge equilibrata, dove la discesa e la risalita sono complementari ad una circolazione intelligente.
2. Il metodo naturale
L’intervento medico o chirurgico curativo mira al mantenimento o al ripristino della salute, che sarebbe lo stato naturale dell’uomo.
A volte l’intervento deve piegare la natura, ricondurla all’ordine in maniera artificiale: pensiamo ad un intervento chirurgico di rimozione di un calcolo o di un’ostruzione nel tratto digerente o respiratorio.
Questi interventi potrebbero non essere così naturali: aprire il corpo, le nostre diagnosi e terapie sono spesso invasive, anche in psicoterapia.
Si dice che il fine giustifica i mezzi, purché qualcosa giustifichi il fine.
E mi chiedo: quando è che nel lavoro clinico un metodo naturale, ossia che vuole aiutare la natura, che segue la natura, allo scopo di piegare o accompagnare la natura, diviene artificiale?
In psico terapia, soprattutto, il metodo che utilizziamo dovrà esso stesso essere naturale, per produrre un risultato non artificiale.
Anche nella mia esperienza l’individuo è animato da una forza che lo travaglia ma lo raffina, lo spinge avanti verso un ignoto ed incomprensibile continuo trasformarsi.
È come se cercassimo la luce, come le piante cercano il sole, cercassimo la pace e la felicità, la verità, il risveglio della bella coscienza addormentata nel bosco della mente.
Chi si rivolge al terapista spera di trovare una strada, un metodo che lo aiuti.
E tuttavia proprio dentro di lui, nella sua coscienza, si annida anche un istinto opposto, quello di continuare a dormire, di rinviare, evitare, negare tutto e continuare ad illudersi.
Si dovrà quindi procedere “con ingegno e con arte”, ascoltando e seguendo la natura delle cose in quel momento e condizione.
Il metodo non dovrà essere astratto, ma adattarsi alla natura per essere naturale, seguendo l’indicazione che i medici ben conoscono: “non puoi vincere la natura se non sei colla natura”.
In psicoterapia ad esempio, interpretare un sogno in senso letterale potrebbe fare violenza alla natura del momento terapeutico, smorzando il potenziale simbolico che portava con sé.
Allo stesso modo, anche interpretare un sogno ad un livello superiore alla coscienza del paziente potrebbe essere un’operazione violenta, contro natura diciamo.
E tuttavia, il terapista potrebbe scegliere di operare in questa maniera, in funzione di una visione più ampia, poiché a suo giudizio in quel momento quell’intervento innaturale potrebbe essere il modo, lo stimolo, il sostegno, la provocazione che consente, come una ferita chirurgica sapientemente portata alla giusta profondità, di aiutare la nascita di quel momento successivo naturalmente, come farebbe un chirurgo che compia un cesareo.
Ma come dovrebbe cambiare allora il metodo a seconda delle circostanze?
Il comportamento giusto dipende dalla situazione, e non si può dare una regola di comportamento, rigida ed avulsa dal contesto.
Quando si dice “in chiesa coi santi ed in taverna coi briganti”, si presuppone che sarà bene regolarsi diversamente in situazioni diverse, ma anche che il punto fondamentale è la capacità di giudizio: questo metodo è praticabile solo da chi non sia (o meglio non sia più) né santo né brigante, bensì al di là.
Costui potrà intervenire quindi nel modo migliore solo se si troverà in uno stato di coscienza al di la del bene e del male, se avrà ritrovato e riconosciuto la natura profonda che sostiene e costituisce tutti noi, se avrà conosciuto sé stesso.
3. Medice cura te ipsum
Un detto classico applicato alla medicina ed alla terapia recita:
Medice, cura te ipsum;. ossia “O medico, cura te stesso”
- Esaminiamo il primo termine.
La frase si rivolge al medico, termine che significa in greco antico “colui che conosce la natura”(φυσική επιστήμη), che sa.
Il termine scienza deriva da questo verbo latino, scire, sapere. Ma il sapere senza carità, senza amore per il prossimo rimarrebbe sterile.
Il medico dovrò quindi amare e capire. Quindi di questo si tratta.
- Segue l’azione di un tale soggetto, curare, prendersi cura, e se possibile guarire il malato dalla sua sofferenza.
Questo sarà davvero possibile solo agendo sulle cause che determinano la sofferenza.
Questa conoscenza unita al suo desiderio di curare, prendersi cura della sofferenza dell’altro, sono alla base del consiglio contenuto in questo metodo: bisognerà dirigere questa azione amorevole e sapiente su sé stessi. Osservare e trattare in primis sé stessi.
Un primo significato, più letterale e simbolico, di questo consiglio metodologico indica la necessità di essere sani di mente per potere guarire i malati psichici.
Il detto dice “ cura dapprima te stesso”, come condizione preliminare ma anche indispensabile per curare il prossimo.
Sembra tuttavia sotteso in questa affermazione che esista una connessione diretta tra colui che cura e colui che viene curato, simile a quanto afferma il Vangelo quando dice di amare il prossimo come noi stessi, perché il prossimo è noi stessi.
Non si tratta solo di una analogia, piuttosto di una identità, della non realtà della separazione.
Qui si sta dicendo che la realtà, la natura delle cose, è che esse sono una sola cosa: si insiste sulla non differenza tra curante e curato, sull’essenzialità di questa identità nel processo di cura, poiché è proprio questo ciò che cura.
La terapia si svolge in realtà in un luogo non luogo, in un centro non duale, che fa parte di entrambi, o di nessuno.
Il medico che questo conosce, tutto conosce.
E sarà una conoscenza diretta, per esperienza personale; ed avendola sperimentata in precedenza, la sperimenta in ogni situazione.
Questa comprensione diviene realtà sperimentata anche per il paziente nel corso della terapia, e costituisce il fattore curativo centrale, ciò che consente non tanto di risolvere i problemi quanto di dissolverli, attraversandoli con uno stato di coscienza unitario.
Questo a mio parere è comprendere quel detto antico più profondamente, e potersi giovare del suo potenziale operativo.
In altre parole, nel detto è contenuta l’ indicazione che soltanto risiedendo nello stato naturale e sereno del “Sé” si potrà operare in maniera naturale nel travagliato “me”.
Soltanto quando il terapista risiede ed opera e si riconosce nello stato transpersonale, esiste l’appoggio sicuro, non tanto per lui, quanto per il paziente per attraversare le vicende alterne e la sofferenza individuale.
Da quanto detto si comprende come questo metodo non si possa insegnare ma si possa imparare, e che questo deve essere fatto da dentro, da sé stessi, come dice il detto.
Bisognerà trarre le indicazioni da dentro, basterà ascoltare la natura e sé stessi, ascoltare il cuore, portare l’attenzione verso questo stato transpersonale, se possibile.
E così si diviene l’altro.
Nel concentrarsi, nell’osservazione di una cosa, infatti, nell’immergersi, nell’andare dentro, (da cui intuire, dal latino intus ire) accade una identificazione.
Si sperimenta uno stato di non separazione, al punto da essere uno con quella cosa.
Ed allora accade che quella cosa entra dentro di te, e tu diventi lei.
Ma tutto ciò è estremamente naturale!
Poiché siamo già uno.
E’ la cosa più facile del mondo, è già cosi.